Schneider Marius, Pietre che cantano. Musicologia comparata.

MARIUS SCHNEIDER | PIETRE CHE CANTANO | (Singende Steine) STUDI SUL RITMO DI TRE CHIOSTRI CATALANI | DI STILE ROMANICO | 
TRADUZIONE DI AUGUSTO MENDUNI | CON UNO SCRITTO DI ELEMIRE ZOLLA |
Milano, Edizioni SE, 2005 [Testi e Documenti 155]

Interessantissimo testo: particolarmente alle dense pagine del Cap. II: Le melodie liturgiche nei chiostri di San Cugat e di Gerona (pp. 23-56).
Ivi, pp. 33 sgg. l'Autore si diffonde in una minuziosa analisi dei motivi icnografici ed in specie icnologici del tessuto musicologico-simbolico-narrativo dei cicli plastici di cui ai capitelli nelle emergenze architettoniche claustrali ed episcopali di Gerona.













Sade - Smooth Operator 1984
(Su: http://www.youtube.com/watch?v=sOI8ae3Lub8)
(Condivisione: http://youtu.be/sOI8ae3Lub8)
(Caricato da fritz51313 - 17-mar-2010 - si ringrazia)





Viaggiare.

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Progetto Parzifal


MARIUS SCHNEIDER | PIETRE CHE CANTANO | (Singende Steine) STUDI SUL RITMO DI TRE CHIOSTRI CATALANI | DI STILE ROMANICO | 
TRADUZIONE DI AUGUSTO MENDUNI | CON UNO SCRITTO DI ELEMIRE ZOLLA |
Milano, Edizioni SE, 2005 [Testi e Documenti 155]

Interessantissimo testo: particolarmente alle dense pagine del Cap. II: Le melodie liturgiche nei chiostri di San Cugat e di Gerona (pp. 23-56).
Ivi, pp. 33 sgg. l'Autore si diffonde in una minuziosa analisi dei motivi icnografici ed in specie icnologici del tessuto musicologico-simbolico-narrativo dei cicli plastici di cui ai capitelli nelle emergenze architettoniche claustrali ed episcopali di Gerona.













Sade - Smooth Operator 1984
(Su: http://www.youtube.com/watch?v=sOI8ae3Lub8)
(Condivisione: http://youtu.be/sOI8ae3Lub8)
(Caricato da fritz51313 - 17-mar-2010 - si ringrazia)







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Dolci Presenze del Viandante seguono l'Ombra in questo Silenzio popolato di Assenza.











Viaggiare. Dentro. Fuori.
Occhi. Lago di Nuvole.












- blog a cura di Giovanni Pititto
(E-mail:
parzifal.purissimo@gmail.com
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Commenti

  1. Rari sono i libri che possono cambiare la vita di chi li legge: questo è uno di essi. Chi sappia cavarne tutte le deduzioni, vede in modo nuovo la storia, ascolta altrimenti i suoni della natura e la musica, guarda diversamente le cose. Intanto le guarda con l'orecchio: impara a coglierne il ritmo, la vibrazione essenziale. Schneider osservò i chiostri romanici di San Cugat, di Gerona e di Ripoll in Catalogna, annotò le figure effigiate sui capitelli assegnando a ciascuno un valore musicale, quindi lesse come simboli di note le singole figure, basandosi sulle corrispondenze tramandate dalla tradizione indù, e scoprì infine che la serie corrispondeva alla esatta notazione degli inni gregoriani dedicati ai santi di quei chiostri. (Elémire Zolla)
    (Da: http://www.libreriauniversitaria.it/pietre-cantano-studi-ritmo-tre/libro/9788877106452)

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  2. Cesare Cavalleri 27/04/2011
    Le cattedrali gotiche, fatte di luce e di proporzioni (1)
    Non è un libro di erudizione Le pietre e la luce, di Marco Meschini (Sellerio, pp. 160, euro 12), che spiega il significato culturale della cattedrale del Medioevo: non è uno scavo nel particolare come il pur sublime e celeberrimo Pietre che cantano, in cui Marius Schneider ha spiegato che attribuendo note musicali della tradizione hindu alle ricorrenze figurative nei capitelli dei chiostri romanici di San Cugat, di Gerona e di Ripoll in Catalogna, ne risulta la partitura degli inni gregoriani ai santi patroni dei tre conventi; il tentativo, riuscito, di Meschini è quello di offrire un'interpretazione complessiva del fenomeno «cattedrale» che segna un vertice assoluto, certamente il più qualificante, della cultura d'Occidente. Per dirlo con le parole dell'autore, l'obiettivo è «perseguire una visione olistica, cioè onnicomprensiva, di ciò che nel suo complesso è il "fenomeno arte e architettura"». Guidato dallo stile felicemente narrativo di Meschini, il lettore è invitato a scoprire la genesi e la struttura della «madre di tutte le chiese e di tutte le cattedrali», cioè San Giovanni in Laterano; a rivivere il complesso cerimoniale dell'intronizzazione del Papa (e il prescelto è proprio Bonifacio VIII); ad abbeverarsi allo splendore bizantino di Santa Sofia, e via via, attraverso 19 capitoli, a conoscere aspetti specifici (come la tecnica della lavorazione delle vetrate) e simbolici del fenomeno «cattedrale».
    (Da: http://www.avvenire.it/Rubriche/Pagine/Leggere,%20rileggere/Le%20cattedrali%20gotiche,%20fatte%20di%20luce%20e%20di%20proporzioni.aspx?Rubrica=Leggere,%20rileggere)

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  3. Cesare Cavalleri 27/04/2011
    Le cattedrali gotiche, fatte di luce e di proporzioni (2)
    Particolarmente acuta la trattazione del passaggio dal romanico al gotico, che Meschini interpreta come il salto qualitativo da una visione bidimensionale della realtà (il romanico) a una visione tridimensionale, cioè di vera organizzazione dello spazio, tipica degli architetti gotici, a cominciare da quelli chiamati dall'abate Sugiero per la chiesa di Saint-Denis, nel 1135, prototipo delle cattedrali gotiche che si diramarono in tutta Europa, in dotta emulazione e mai come piatta imitazione. Tale rivoluzione architettonica è omologa alla rivoluzione logica che i grandi filosofi e teologi compirono in quegli stessi anni, e Meschini riconosce allo "scandaloso" Abelardo tutto il merito che gli è dovuto: «Ciò che non basta più ad Abelardo è che la coerenza del pensiero sia limitata a un solo problema o al massimo a un gruppo di problemi; la sua pretesa dirompente è che la ragione umana sia coerente in ogni àmbito, e cioè che i presupposti di verità che fanno vera un'affermazione siano ancora tali in tutt'altro contesto e su tutt'altro argomento». Ed è questa metodologia "globale" che gli architetti gotici tradurranno in meravigliosi edifici: «La cattedrale è così una specie di Gerusalemme terrena che rende presente la Gerusalemme celeste, ne è l'archetipo e insieme la presenza reale». Il mistero ultimo della cattedrale gotica è essere e ordine, luce e proporzione: «Nella cattedrale la luce è il "principio attivo" della materia, la "forma" della materia stessa. Le pareti, gradualmente, sono sostituite dalle vetrate, ma non tanto per guadagnare visibilità, bensì perché la luce è l'elemento che qualifica la cattedrale stessa. Le pareti di pietra si contraggono, scompaiono, lasciano il posto a un trionfo di vetrate, di colore e di luce, perché devono manifestare lo splendore originario di Dio». Meschini predilige questa interpretazione «cristiana», rispetto a quella «pagana» di Oswald Spengler che vede nella cattedrale il simbolo pietrificato della foresta druidica; suggestione, quest'ultima, alla quale mi è personalmente difficile resistere. Ma forse siamo, ancora una volta, in presenza della forza magnetica del cristianesimo che riesce ad assimilare ogni altra espressione culturale. Alla «Musica della cattedrale» Antonio Chemotti dedica il capitolo conclusivo di questo bel libro, introdotto da una Nota di Sergio Valzania.
    (Da: http://www.avvenire.it/Rubriche/Pagine/Leggere,%20rileggere/Le%20cattedrali%20gotiche,%20fatte%20di%20luce%20e%20di%20proporzioni.aspx?Rubrica=Leggere,%20rileggere)

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  4. 2. Anima mundi.
    Ritratto di Marius Schneider (Antonello Colimberti)
    Primitivismo
    A nostro parere, anche quegli autori che più hanno contribuito alla conoscenza e fama dello Schneider (per esempio Zolla) non hanno sufficientemente messo in rilievo la differenza profonda che il Nostro traccia tra le culture sonore (ma le considerazioni valgono per le culture tout-court) cosiddette “primitive” e quelle cosiddette “alte”. È vero che Schneider si colloca all’interno di una fitta schiera di critici della cultura occidentale, in particolare dei suoi aspetti più moderni e postilluministici, ma rintraccia le radici di tale forma di pensiero molto più indietro nel tempo di quanto facciano alcuni noti autori, specie esoteristi come Guénon o storici della scienza come Giorgio De Santillana. Se è vero quanto scrive Zolla nella Prefazione a Il significato della musica (la prima raccolta di scritti di Schneider pubblicata in Italia), ossia che ! gli studi di Schneider contribuiscono a ricostruire quella civiltà neolitica, fondata su una scienza di tipo pitagorico, che il Nostro definisce “tradizione megalitica”, ci pare altrettanto vero che tale età della storia dell’uomo non sia considerata un’età dell’oro. Infatti, per Schneider, le cui simpatie sono esplicitamente per autori “irrazionalistici” come Ludwig Klages o Henry Bergson, le alte culture sono quelle nelle quali si è manifestato un pensiero protorazionalista, nel quale i ritmi fondamentali dell’uomo e dell’universo non sono stati più direttamente vissuti, ma, seppur sapientemente, calcolati e spazialmente rappresentati.
    Attraverso una comparazione fra i modi di pensare e praticare la musica, Schneider risale alle forme differenti di filosofia della Natura soggiacenti: per le culture primitive essenziale è percepire il movimento nelle forme e il carattere fluttuante dei fenomeni, mentre le alte civiltà preferiscono l’aspetto statico delle forme e il profilo puro e strettamente geometrico; nel primo caso siamo di fronte a una concezione realistica, artistica e intuitiva, nell’altro caso siamo di fronte a una concezione geometrica, scientifica e astratta. Schneider analizza con finezza il trapasso dalla prima alla seconda concezione, senza scorgervi alcun segno di “progresso” anzi, al pari di un poeta ed “ecologo profondo” contemporaneo come Gary Snyder, sembra credere che con il neolitico cominci la decadenza. Non solo, ma la dicotomia tra culture primitive e alte culture (o, se si vuole,! alla Lévi-Strauss, fra “primitivi” e “civilizzati”) viene a superare l’accezione di semplici età della storia dell’uomo per allargarsi a quella di modi di concepire il rapporto dell’uomo con il mondo, e con la Natura in particolare. In tal senso, l’aggettivo “primitivo” viene a significare, in fondo, né più né meno che quello che sarebbe “naturale” alla nostra specie. Se questo è vero, il compito fondamentale non appare tanto quello di cercare, attraverso i miti, tracce di una tradizione antica (ininterrotta o meno che sia),quanto quello di identificare nei loro simboli le figure antropologiche inerenti alla coscienza dell’uomo. Qui si mostra la confluenza della ricerca di Marius Schneider tanto con quelle di Carl Gustav Jung, che nella sua psicologia analitica pone l’esistenza di archetipi universali nell’inconscio collettivo, quanto con quelle di Henry Corbin, che per primo ha esposto una teoria dell’“Immaginale”, mesocosmo intermedio fra sensibile e intellegibile, dove g! li spiriti prendono corpo e i corpi si spiritualizzano. Ma qui siamo al secondo tema centrale di Schneider, cui accennavamo in apertura: il simbolo sonoro.
    (Da: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/musicaemistica/schneider.htm)

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